lunedì 30 novembre 2009

Space Streakings - 7-Toku (1994)

cover

Oh! Qui è Uovo che parla da Chicago city. Oggi ci buttiamo a copofitto nella virulenza et demenza di questo quartetto asiatico. Presentiamoli. Anzi, fermiamoci ai nomi dei 4 che la dicono già lunga: Screaming Stomach, Captain Insect, Karate Condor, Kame Bazooka. Ok. Quello che ascolterete qua è un mix piuttosto rumoroso di elettronica e grindcore (e altro), come descritto fin troppo bene dalla iniziale FOJK. Roba iperveloce per dannati mentali. L’inferno non è ancora qui. Youngman II sfoggia un basso dal suono bello rotondo, che personalmente mi ricorda il TOHC di seconda generazione, ma non dovete ascoltarmi, sono uno di quei dannati mentali di cui sopra e perdipiù in cura dal Dottore. Nella terza traccia compare incredibilmente un sax particolarmente insano e demenziale, e là sotto il basso continua a macinare senza tregua. Il tour continua con la tromba stupida dei Cows di Special Karaoke King, ormai davvero possiamo aspettarci di tutto, Cristo. La drum machine intanto picchia sempre eh. Come Up è uno stupendo spiraglio melodico nel mezzo di questo marasma giallo.
Sicuramente un mix originale e mai sentito quello proposto da questi 4 culi gialli per un gran album di feccia e noisy-merdaglia.

Space Streakings - 7-Toku (1994)
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giovedì 26 novembre 2009

Butthole Surfers - Psychic...Powerless...Another Man's Sac (1985)

cover

Girano voci che c’è ancora qualcuno che non conosce questo disco. Classico assoluto della band e del genere tutto. E’ sostanzialmente punk casinaro, stupido e delirante. E’ inutile dire oltre su un disco e un gruppo di cui si dice ovunque. Comunque difficile non farsi prendere da brani come la divertente Lady Sniff (comprendente oscenità assortite), la lunga cavalcata psichedelica Cherub, il delirio elettrico di Eye of the Chicken, il ritmo incalzante di Dum Dum, e via discorrendo. Da conoscere a memoria anche se vi fa cacare, e se vi fa cacare vi caco nel lavandino.

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Butthole Surfers - Psychic...Powerless...Another Man's Sac (1985) mediafire

lunedì 23 novembre 2009

Harry Pussy

Gli Harry Pussy sono indubbiamente uno dei grandi gruppi dimenticati dell’undergroud americano più sincero, libero e violento. A volte si parla degli Harry Pussy come di un duo anche se nei live solitamente erano in tre, ovvero 2 chitarristi (tra i quali Bill Orcutt di cui tratterò prossimamente, vista la sua recente uscita) e Adris Hoyos alla batteria e voce, o più propriamente agli urli. Sì, perchè la loro è una musica infuocata che spesso si conclude in rapidi pezzi sconclusionati di durata inferiore al minuto. E’ free-noise-rock istintivo, che a tratti si riallaccia alla no wave.

cover Il primo reperto è “In Case Of An Emergency You Can Shit On A Puerto Rican Whore” del 1993, full lenght d’esordio che già delinea a dovere il loro stile, nel quale si segnala la particolare cover di Showroom dummies dei Kraftwerk.

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Il secondo è invece “You'll Never Play This Town Again” un’interessantissima raccolta uscita nel 2008 per la Load, che raccoglie molto materiale del 1997, più che fondamentale per comprendere l’universo degli Harry Pussy. Tra questi segnalo assolutamente, il Tour 12” (all’epoca acquistabile solo in tour), anche conosciuto come Fuck You, e il Live 10”. Attenzione signori, non solo apparente caos, Bill Orcutt è un chitarrista di assoluto rilievo come dimostrerà, come detto, il suo ultimo album da solista. Sentite pezzi come People per rendervi conto della genialità di questo uomo.

Harry Pussy - In Case Of An Emergency You Can Shit On A Puerto Rican Whore (1993)

Harry Pussy - You'll Never Play This Town Again (2008)
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sabato 21 novembre 2009

Hammerhead – Into the Vortex (1994)

cover

Una di quelle band ricordate troppo poco. Questi 3 individui, propongono un potente post-hc tra Helmet e Unsane, che da questo secondo disco lascia anche spazio a momenti più cauti ma che ben presto esplodono (Swallow). Starline Locomotive ricorda da vicino certe melodie dei primi Sonic Youth, ma qua la distorsione brutale è sempre dietro l’angolo (il basso è altamente godurioso nella sua ruvidità distorta). Zesta si lancia in un articolato riff che rimanda a Mouth Breather dei Jesus Lizard. Con All this is yours (una delle vette nell’album, a mio gusto) siamo invece dalle parti degli Unsane. Brest è ancora una volta un giro negli inferi della distorsione che gioca con gli armonici di chitarra degli Slint e nel ritornello si lascia a certi slanci melodici (il “coro” del bassista). La solfa ormai l’avete capita e si chiude con i 7 minuti lenti e pesanti di Journey to the Center of Tetnus 4. Vi lascio anche un videino a testimoniare la carica che correva nei loro concerti (e soprattutto in quegli anni). Roba dura per culi duri. Ma tu, credi di essere un culo duro?

Hammerhead - Into the Vortex (1994)
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mercoledì 18 novembre 2009

Helmet - Born Annoying LP (1994)

cover

Molto interessante questo disco, e a breve andremo a spiegare perchè. Intanto, attenzione a non confonderlo con l’omonimo 7” del 1989. Questo ne è l’estensione, ed aggiunge alle 2 tracce originarie un po’ di materiale inedito (ad esempio il primo incredibile demo del gruppo), tracce da compilation e altre chincaglierie.
Il demo, appunto. Micidiale. Dimenticate, in parte, gli Helmet di Meantime (ma anche di Strap it on) e ascoltate. Il sound ha sostanzialmente altre coordinate, dal gruppo poi presto (ahimè) dimenticate: è forte l’influenza dei lavori di Branca (ai quali Hamilton partecipava in quegli anni) come dimostrano molti momenti (vedi l’apertura di Geisha to Go) e le dissonanze (e, forse, le accordature aperte) che spadroneggiano. Lo strumentale Rumble è un qualcosa di incredibile: uno sferragliare ipnotico che presto introduce un’esplosione ultra ritmica in pieno stile Helmet. Taken, pezzo da compilation, è una frenetica conversazione botta/risposta tra le 2 chitarre. Da segnalare anche 2 curiose cover: Oven dei santi-subito Melvins e Primitive dei Killing Joke.
Fortemente consigliato, anche per conoscere un’altra faccia del gruppo.

Helmet - Born Annoying LP (1994) oppure qui
320k

martedì 17 novembre 2009

Cows - Daddy Has A Tail! (1989)

cover

Loro sono le Vacche (voi siete gli idioti rimbambiti), vengono da Minneapolis e vegetano in quel ranch di sballati che è la AmRep. Questo è il loro primo album per l’etichetta ed è già miracolo: letame & caos. Shaking ci lancia già nel magico mondo dei Cows: giri di basso distorto, noise chitarristico, voce folle, registrazione casinara. In più occasioni li vedo come gli eredi dei Butthole Surfers. Camouflage Monkey non è altro che uno dei miei pezzi preferiti, intoccabile. Si prosegue con i 6 minuti drogati di Part my konk, una lenta litania soggetta a improvvise accelerazione, segnata da un basso brutale e dalla voce cantilenante di Seldberg. Si continua con una traccia più sorprendente/geniale dell’altra (anche se alcune della seconda parte mancano un po’ di idee).
Un album fondamentale per un gruppo fondamentale che neanche un dismesso mentale come te può permettersi di non conoscere. Toh!

Cows - Daddy Has A Tail! (1989)
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lunedì 16 novembre 2009

Love 666 – American Revolution (1995)

cover Vecchi culoni flaccidi e rincitrulliti che non siete altro! Un dottore mi ha parlato in sogno: era nero, cazzo. Era un fottuto carbone vi dico. Ed era nudo come un pupetto con un affare in mezzo alle gambe che non lo mando a dire. Cazzo. Una roba nera ed abnorme. Un fottuto carbone dico. L’attività riapre, e riapre in gran stile se mi permettete (e mi permettete perchè lo decido io; voi, sacchi di fetida bratta). Questi signori propongono un sound assai interessante: particolarmente massiccio, distorto ma soprattutto intriso di costanti feedback/larsen assortiti e malatamente impregnato di profondi bassi (e nel gruppo non c'è il bassista!!). Strabordanti, ripetitivi e ignoranti (come te) riff hard rock a là Ac/Dc. E tutto questo quasi sempre scandito da compatti e robotici 4/4 medio-lenti. Quindi sounds good!, però le canzoni dove sono? [Cazzo dai però, sempre dietro a lamentarti. Ma impara a vivere perDio!] Insomma, con un suono così per me ci si può anche passare sopra e non ne parliamo più. Non sarà un disco che cambia la storia del rock, ma lo consiglio vivamente a chi si interessa di certe sonorità (rumorose). E vedi di interessarti alla svelta se non vuoi che perda la pazienza. Era un cazzo di dottore nero. Un fottuto carbone.

Love 666 – American Revolution (1995)
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